Nessun posto del Pianeta è immune all’inquinamento atmosferico e all’impatto delle polveri sottili. I livelli globali giornalieri di ‘aria malsana’ vengono rivelati da una ricerca pubblicata su The Lancet Planetary Health. (1)
Circa il 99,82% della superficie terrestre globale è esposta a livelli di particolato 2,5 (PM 2,5) – minuscole particelle nell’aria che gli scienziati hanno collegato al cancro ai polmoni e alle malattie cardiache – al di sopra del limite di sicurezza fissato nel 2021 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in 5 µg/m3.
Nel 2019, solo lo 0,18% della superficie terrestre globale e lo 0,001% della popolazione mondiale aveva un’esposizione annuale al PM 2,5 a concentrazioni inferiori a µg/m3, con oltre il 70% dei giorni a livelli superiori a 15 μg/m 3.
Durante le due decadi monitorate, l’esposizione della popolazione è diminuita in Europa e Nord America, mentre è aumentata in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi.
L’Organizzazione mondiale della Sanità un anno fa denunciava che l’intera popolazione mondiale (il 99%) respira aria che non rispetta i limiti di qualità. In Europa, accade al 96% della popolazione urbana.
‘L’inquinamento atmosferico è il più grande rischio ambientale per la salute e ha un impatto significativo sulla salute della popolazione europea, in particolare nelle aree urbane’, avverte l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) nel fare il punto sulla qualità dell’aria in Europa. (2)
Nel 2020 le emissioni degli inquinanti atmosferici hanno risentito dell’impatto della pandemia e dei lockdown, che associati alla riduzione dei trasporti su strada hanno portato a una flessione temporanea nelle concentrazioni di biossido di azoto (NO2).
Nonostante ciò, l’inquinamento atmosferico rimane una delle principali preoccupazioni per la salute degli europei. L’Europa centro-orientale e l’Italia riportano le più alte concentrazioni di particolato e benzo[a]pirene (cancerogeno).
In Europa, i livelli di sicurezza indicati dall’OMS (più stringenti di quelli UE) vengono largamente superati:
Questi numeri indicano dunque una lunga strada da percorrere per arrivare agli obiettivi di Zero Pollution della Ue.
Nel piano d’azione inquinamento zero per il 2050, lanciato dalla Commissione europea, c’è l’obiettivo al 2030 di migliorare la qualità dell’aria per ridurre del 55% il numero di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico e dall’esposizione al particolato fine (rispetto al 2005) e di ridurre del 25% gli ecosistemi dell’UE in cui l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità.
Nel 2020, le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici nell’UE-27 hanno continuato a diminuire, e le morti premature attribuite all’esposizione alle polveri sottili sono diminuite del 25% nella Ue a 27, ma certo servono ulteriori sforzi per centrare l’obiettivo e soprattutto ridurre l’inquinamento dell’aria a livelli innocui per la salute.
Gli ultimi dati dell’EEA dicono infatti che nel 2020 l’inquinamento atmosferico ha provocato un numero significativo di morti premature nei 27 Stati membri dell’Ue.
L’esposizione a concentrazioni di particolato fine superiori ai livelli di riferimento OMS ha provocato 238.000 morti premature; l’esposizione al biossido di azoto al di sopra dei livelli di sicurezza ha portato a 49.000 morti premature. L’esposizione acuta all’ozono ha causato 24.000 morti premature.
Senza contare i danni, per la salute e per i conti del sistema sanitario, dovuti alla morbilità legata alla cattiva qualità dell’aria.
In Italia l’emergenza smog è un allarme senza fine. Secondo il report di Legambiente ‘Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi’, diffuso a gennaio 2023 e riferito al 2022,
La tendenza di decrescita dell’inquinamento è troppo lenta, esponendo le città a nuovi rischi sanitari e sanzioni. Il tasso medio annuale di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è, infatti, del solo 2% per il PM10 e del 3% per l’NO2.
Le città più distanti dall’obiettivo previsto per il PM10, ad esempio, dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni cittadine tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando agli attuali trend di riduzione registrati negli ultimi 10 anni (periodo 2011 – 2021, dati Ecosistema Urbano), potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo, ovvero il 2040 anziché il 2030’, rimarca Legambiente.
Alcune città potrebbero metterci più di trent’anni.
Sabrina Bergamini
(1) Wenhua Yu, Tingting Ye, Yiwen Zhang, Rongbin Xu, Yadong Lei, Zhuying Chen et al. Global estimates of daily ambient fine particulate matter concentrations and unequal spatiotemporal distribution of population exposure: a machine learning modelling study. The Lancet Planetary Health. March, 2023. DOI: https://doi.org/10.1016/S2542-5196(23)00008-6
(2) Qualità dell’aria in Europa 2022. Agenzia europea ambiente https://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2022
(3) OMS Billions of people still breathe unhealthy air. WHO. https://www.who.int/news/item/04-04-2022-billions-of-people-still-breathe-unhealthy-air-new-who-data
(4) Mal’Aria di città. cambio di passo cercasi. Legambiente. https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Rapporto_Malaria_2023.pdf