«Roma è un miracolo, lo stesso Padre eterno ha contribuito a crearla. Eppure vado a New York e me la visito tutta sulla sedie a rotelle, torno qui e sono carcerato in casa». Enrico Ricci è un architetto romano doc, nato e cresciuto a via Napoleone III. Colpito da poliomielite quando era ancora in fasce, è stato costretto a vivere su una sedia a rotelle.
Enrico fa parte dell’Osservatorio sull’Accessibilità – Progettazione Universale dell’Ordine degli Architetti di Roma, che studia e promuove l’accessibilità e il superamento delle barriere architettoniche per tutti, qui a Roma.
«La mia non è una battaglia, ma un obiettivo da raggiungere. L’Osservatorio è nato per una esigenza comune: monitorare, formare professionisti e non, al rispetto delle nostre normative. Noi, persone con disabilità, abbiamo delle leggi incredibili, tra le migliori in Europa, ma il problema è che queste non vengono applicate. I più grandi colpevoli? Le pubbliche amministrazioni. Tutti credono di sapere tanto, la maggior parte non sa niente», sostiene Enrico Ricci.
Che continua: «vivere Roma è difficile, parecchie attività commerciali, come bar, ristoranti, ma anche musei, ospedali, non hanno le rampe per poter accedere. Le strade del centro storico sono lastricate di sampietrini. I marciapiedi non hanno scivoli, si è costretti a “passeggiare” al centro della strada tra bus e taxi».
Il diritto alla mobilità, sostiene Ricci, è negato ai disabili: «se mi togli questo diritto, mi costringi a vivere carcerato tra le quattro mura di casa. Praticamente mi hai privato di un diritto fondamentale: la libertà di vivere la mia vita».
Una soluzione ci sarebbe. Si chiama Peba, Piano di eliminazione delle barriere architettoniche, ed è stato introdotto nel 1986 con la legge n. 41. Tutti i comuni d’Italia lo devono attuare, pena il commissariamento da parte della Regione. Il problema? Sono passati trentaquattro anni e a Roma non è stato ancora realizzato.
«Siamo come delle sentinelle – sostiene Dario, avvocato e ricercatore di diritti umani -, potremmo anche essere usati per l’inquinamento, perché stiamo sempre seduti e quindi abbiamo il naso più vicino ai tubi di scappamento».
Dario Dongo vive a Roma, è disabile da cinque anni a seguito di un grave incidente subacqueo nei mari della Grecia. «Roma è per me la città più bella del mondo ma la vita per un disabile è molto difficile qui. Siamo fantasmi, ci battiamo per raccogliere l’attenzione di istituzioni ma anche delle persone normodotate».
Secondo Dongo, la disattenzione della politica riflette una questione culturale: «Essere disabili è un ruolo complesso in una società che è poco avvezza ad accettare l’imperfetto. Pare che ci sia la tendenza più all’esclusione che all’integrazione dei disabili». «Bisogna lottare», conclude.
C’è chi prova a farlo con una manifestazione pubblica come il Disability Pride. «Si parla sempre di lavoro, di immigrazione, e mai di disabilità», afferma Carmelo Comisi, tra i promotori dell’iniziativa. «Noi portiamo all’attenzione della società civile non solo i problemi dei disabili, ma la sessualità, la vita quotidiana, l’istruzione. Come? Con gli eventi».
Il progetto è ambizioso: creare un organismo sovranazionale che unisca tutti gli attivisti del Disability Pride, un po’ come i fratelli maggiori del Gay Pride. Ma il mondo della disabilità è diverso da quello Lgbt, perché i diritti in questo caso sono già sanciti, ma non vengono messi in pratica.
«La mia vita è stata stravolta da un incidente, avvenuto 23 anni fa sulle strade della Sicilia sud orientale. Da quel momento in poi ho detto: “va bene, sono tetraplegico”».
Nel frattempo Carmelo ha preso una laurea in filosofia morale e ha comprato casa a Roma per portare avanti la sua battaglia. «Molti che hanno dominato il mondo, anche la politica italiana, erano persone non fisicamente abili». Ma forse è più facile dominare il mondo che potersi muovere liberamente per Roma.
È un tardo pomeriggio di gennaio, il treno da piazzale Flaminio fa la sua solita corsa per Viterbo. Ci troviamo sulla seconda tratta extraurbana più trafficata d’Italia. Secondo il rapporto Pendolaria, realizzato da Legambiente, sono circa settantacinquemila le persone che affollano ogni anno questi binari. Tra i passeggeri ci sono disabili, lavoratori, studenti.
Fabrizio Bonanni, presidente del “comitato Roma Nord”, racconta i disagi del viaggio. «La stazione Flaminio non è a norma per disabili, la salita sul treno è alta mezzo metro. Siamo su un carro da bestiame. Noi, pendolari di “serie B”. Perché i pendolari di “serie A”, praticamente coloro che rientrano nella tratta urbana, se la passano un po’ meglio. Le corse sono più frequenti, ci sono meno soppressioni di linee». Un problema per tutti, ma in particolare per i disabili.
«Io sono romano e ritengo che Roma sia una città fantastica, ma sono convinto che lo debba essere per tutti. Dare la possibilità alle persone con ridotta mobilità di “accedere” deve essere la legge e questo è il mio compito» sostiene Andrea Venuto, disability manager di Roma Capitale.
Dopo trentaquattro anni di attesa, il Peba potrebbe essere presto attuato a Roma. La sua realizzazione sarà una grande scommessa, perché la superficie della città equivale undici volte a quella di Parigi. Un solo municipio di Roma equivale a un comune medio-grande d’italia. Solo il settimo municipio, per esempio, conta 400mila abitanti.
«Questi piani di eliminazione per le barriere architettoniche verranno declinati al plurale. Ogni municipio – affiancato dall’ufficio centrale di Roma Capitale – sarà autore del suo Peba. Verranno distribuite linee guida su come il piano si mette in pratica e che cos’è».
L’obiettivo dell’amministrazione è «trasformare gradualmente gli spazi urbani con una nuova visione globale di comunità inclusiva, alla portata di tutti i cittadini. Anche per i temporaneamente disabili, le donne in gravidanza, gli anziani, i bambini», conclude Venuto.
Il primo progetto pilota partirà dal XII municipio e presto verrà istituito un Osservatorio permanente sui Peba. L’amministrazione assicura che tutto cambierà. Ma Enrico Ricci, l’uomo che ci ha accompagnato alla scoperta di Roma, dubita che la sua città possa diventare presto come New York, dove tutti sono liberi. ‘Roma per tutti è una Roma di tutti!’.
Vanessa Ciccarelli
Il progetto #SediaIntelligente di ÉgalitéIl progetto #SediaIntelligente portato avanti da Égalité aspira alla produzione industriale no-profit di sedie a rotelle superleggere ammortizzate dotate di una ruota anteriore con motorino elettrico, facile da agganciare e sganciare con una sola mano. Per consentire a tutte le persone con disabilità motoria (presto anche i tetraplegici, a cui è dedicato lo sviluppo di una versione apposita) di affrontare almeno in parte le barriere architettoniche ubiquitarie e favorire la loro mobilità personale. ▶️ Per contribuire all’avvio della produzione industriale della #SediaIntelligente, siete tutti invitati a una donazione anche simbolica, 100% detraibile (o deducibile, per gli enti), seguendo il link https://www.produzionidalbasso.com/project/smart-wheelchair/. Con preghiera di diffondere la voce, per raccogliere i fondi necessari a trasformare il progetto in un dispositivo di mobilità personale accessibile a tutti. Contagiamoci di Bene! Grazie! Dario Dongo |
26 anni napoletana. Giornalista per passione e per professione, autrice del blog www.blulife.it, collabora con diverse testate da dieci anni. Laureata all'università "La Sapienza" in Media, Comunicazione digitale e Giornalismo è ora specializzanda presso la Scuola di giornalismo Lelio e Lisli Basso a Roma.