Sarà la Conferenza della finanza e delle defezioni da parte dei grandi, un appuntamento con la crisi climatica che mette al centro soprattutto il tema della finanza climatica e di quello che va sotto il nome di Loss & Damage , perdite e danni. La Cop29, la 29ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si svolge a Baku, in Azerbaigian, fino al 22 novembre (1).
Non si è aperta con grandi aspettative, considerando le annunciate defezioni, e sconta il fatto di essere ospitata in un Paese che è grande esportatore di combustibili fossili. La Cop29 è stata è chiamata la “conferenza del denaro” in quanto si porrà l’accento sugli approcci finanziari per rimediare e mitigare le conseguenze delle catastrofi climatiche, comprese le “false soluzioni guidate dalle aziende” che finiscono solo per perpetuare la crisi climatica.
Spiega invece FIAN International, organizzazione globale per i diritti umani, che si batte per il diritto all’alimentazione e alla nutrizione: “Le soluzioni guidate dalle popolazioni dovrebbero essere considerate prioritarie nei colloqui sui cambiamenti climatici e coloro che hanno responsabilità storiche della crisi climatica devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Le persone più colpite devono avere accesso a rimedi efficaci per Loss and Damage, in linea con il diritto internazionale. La COP29 dovrebbe promuovere l’implementazione di una vera e radicale trasformazione dei sistemi alimentari, inclusa una giusta transizione all’agroecologia” (2).
Il “Summit della finanza” è chiamato ad affrontare le cause profonde della crisi climatica, compreso l’impatto della produzione alimentare, che secondo le stime rappresenta la fonte di un terzo di tutte le emissioni di gas serra.
A Baku si dovrà rinnovare la promessa di 100 miliardi di dollari annui a sostegno dei Paesi in via di sviluppo, di quelli a basso reddito e più esposti alle conseguenze della crisi climatica (ma meno responsabilità) nell’affrontare “perdite e danni”, con molti, come l’Unione Africana, che vorrebbero arrivare a 1000 miliardi l’anno.
La finanza climatica rimanda al modo in cui i Paesi più ricchi sono chiamati a finanziare i Paesi più vulnerabili agli effetti della crisi climatica, contrastando gli effetti dei cambiamenti che in prima persona hanno contribuito a causare. Quello che si chiede è un’assunzione di responsabilità.
“In linea con il diritto internazionale dei diritti umani, i Paesi che hanno responsabilità storiche per la catastrofe climatica devono fornire un’adeguata riparazione e un risarcimento per le perdite ei danni, che comprenda restituzione, compensazione, riabilitazione, soddisfazione e garanzie di non ripetizione. Ciò include la cancellazione del debito e riforme fondamentali dell’infrastruttura finanziaria internazionale”, spiega FIAN International.
Quello che si chiede sono risarcimenti e creazione di flussi finanziari reali per i Paesi del Sud globale.
“Il fondo per perdite e danni deve garantire la mobilitazione dei fondi e l’accesso diretto delle comunità e deve impedire la creazione di nuovi debiti che vadano ad aggravare l’onere dei Paesi del Sud globale vulnerabili all’impatto delle perdite e dei danni”. (2)
Perdite e danni, si diceva. Con l’espressione Loss and Damage (L&D) si intendono i potenziali effetti negativi che si verificano nei Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici.
“L&D include una grande varietà di impatti, alcuni dei quali possono essere quantificati ed espressi in termini monetari (per esempio, gli impatti sulle infrastrutture o sulla produzione agricola) e altri che sono sempre più spesso indicati come “perdite non economiche”, inclusa la perdita di biodiversità, territorio, patrimonio e identità culturale, conoscenze indigene, e che abbracciano la problematica emergente della mobilità umana indotta dal clima” (3. IPCC Italia).
Le “false soluzioni” che denunciano attivisti della società civile, ambientalisti e associazioni che si occupano di diritto al cibo e di contrasto all’accaparramento delle terre sono invece quelle che rimandano al commercio dei crediti di carbonio e agli interventi che diventano greenwashing.
“Molte false soluzioni climatiche guidate dalle imprese, come i mercati del carbonio, la compensazione o le nuove tecnologie per la protezione del clima come la geoingegneria, sono pericolose distrazioni da una vera azione per il clima e scuse per continuare nel business as usual”, afferma FIAN.
La richiesta alternativa è di
Il pericolo denunciato è che si dia il via libera, invece, a una nuova onda di compensazioni nel mercato del carbonio, mentre l’azione per il ripristino del terreno degradato richiede di lavorare con le comunità rurali e rafforzare i diritti di piccoli e medi coltivatori (no dunque alla finanziarizzazione della terra) contro il green grab, colonialismo verde, accaparramento delle terre per finalità ecologiche.
“Numerosi processi dell’UNFCCC sono legati ai sistemi alimentari e all’agricoltura. È fondamentale che la COP29 avanzi con approcci basati sui diritti umani dei popoli, come la transizione all’agroecologia, e che si eviti il greenwashing degli attori aziendali agroindustriali”, dice Sabine Pabst, coordinatrice per il clima e l’ecodistruzione del FIAN International.
Giustizia climatica chiama giustizia sociale. Non a caso questo è tema affrontato dal Climate Pride, mobilitazione di sabato 16 novembre a Roma.
Nella piattaforma della mobilitazione si legge: “La COP29, se vuole salvaguardare la vita nel pianeta, deve garantire adeguate risorse finanziarie ai Most Affected People and Areas (MAPA), le persone e i territori più colpiti dalla crisi climatica, per accelerare una transizione ecologica globale veramente in grado di superare la crisi climatica e contenere il surriscaldamento del Pianeta entro la soglia critica di 1,5°C. Come proposto dall’Alleanza dei piccoli Stati insulari (AOSIS), servono almeno 1.000 miliardi di dollari l’anno (di cui 400 per loss&damage e 300 sia per l’adattamento che la mitigazione) di sole risorse pubbliche da parte dei Paesi industrializzati”.
Oltre 50 associazioni e movimenti della società civile chiedono di cancellare il debito dei Paesi più colpiti dalla crisi climatica; stabilire che il fondo “ Perdita e Danno” segua criteri di proporzionalità riparativa in base ai danni già subiti da alcuni Paesi; prevedere meccanismi di trasferimento e scambio delle tecnologie e conoscenze ai Paesi più colpiti dalla crisi climatica; e appunto “porre fine al mercato dei crediti del carbonio e dei crediti di biodiversità invece di procedere alla sua estensione e inclusione di sempre più settori”.
Sabrina Bergamini
(1) Cop29 https://unfccc.int/cop29
(2) FIAN. La COP 29 dovrebbe concentrarsi sulle soluzioni guidate dalle persone e sulla richiesta di responsabilità ai responsabili http://bit.ly/40NAp3A
(3) Perdita e danno https://ipccitalia.cmcc.it/loss-and-damage-perdite-e-danni/