La salute mentale in era Covid-19 è una questione così seria che nessuno se ne occupa. Al di là dei rapporti OMS e ONU, destinati a restare lettera morta.
A impazzire di Covid, in Italia, sono molti. In politica soprattutto, dal masochismo degli aperitivi ai Navigli all’amnesia sugli appalti di famiglia. Ed è grazie alla mala politica che le persone con disabilità e disturbi mentali continuano ad annegare nel disagio.
Poche settimane sono bastate ai governanti lúmbard per trasformare le RSA (residenze sanitarie assistite) in focolai di contagio ove uccidere anziché assistere i ricoverati. Tre mesi dal lockdown non sono serviti però a riportare serenità, senza rinunciare alla sicurezza, nella vita dei sopravvissuti. I quali, in molte strutture, sono ancora soggetti a divieto d’incontro con i loro cari.
Tre mesi non sono bastati neppure a organizzare la riapertura dei centri diurni e semi-residenziali, in gran parte ancora chiusi. Né a riattivare le assistenze a domicilio. Ma le proteste degli ultimi e dei loro familiari rimangono nell’ombra, fatte salve rare riprese sulla stampa tuttora prive di riscontro.
Per le persone fragili e con disabilità si conferma dunque il disastro annunciato. La sola disabilità in Italia esprime il 5,2% della popolazione (Istat), ma ad essa neppure una parola viene dedicata da alcuno dei sedicenti esperti e politici che affollano le cronache.
Lo stress causato dal nuovo coronavirus e dalle misure di contenimento ha comunque inciso sulla salute mentale delle popolazioni. Ansia, depressione, angoscia. A rischio sono gli operatori sanitari, oltre a bambini e adolescenti, donne e anziani soli.
‘L’impatto della pandemia sulla salute mentale delle persone è già estremamente preoccupante. L’isolamento sociale, la paura del contagio e la perdita dei familiari sono aggravati dall’angoscia causata dalla perdita di reddito e spesso dell’occupazione’. (Tedros Adhanom Ghebreyesus, OMS, direttore generale)
Alcuni gruppi di popolazione rischiano più di altri la sofferenza psicologica legata alla pandemia. Sono gli operatori sanitari in prima linea, afflitti da turni di lavoro estenuanti che si sommano alle incognite e i rischi di contagio legati a sistematiche carenze dei dispositivi di protezione individuale.
OMS riferisce ad alti tassi di depressione (50%), ansia (45%) e insonnia (34%), in Cina, durante l’emergenza. In Canada del resto il 47% degli operatori sanitari ha segnalato la necessità di supporto psicologico. (1) Ed è evidente come il fenomeno sia diffuso in tutti i Paesi ove il personale sanitario abbia subito la pressione di focolai e tragedie.
La chiusura delle scuole ha esacerbato le iniquità sociali con un duro colpo ai bambini e adolescenti. Quelli con disabilità e disturbi dell’apprendimento, che il sistema scolastico ha privato di ogni sostegno. Ma anche quelli che vivono in spazi angusti, nei ghetti o senza dimora, piuttosto che in famiglie ove si verifichino abusi e violenze.
1,5 miliardi di scolari e studenti sono stati sottratti a una serie di servizi essenziali e compensativi ma anche allo spazio-tempo condiviso che va ben al di là della didattica. E così ‘i genitori in Italia e in Spagna hanno riferito che i loro figli hanno avuto difficoltà a concentrarsi, così come irritabilità, irrequietezza e nervosismo’.
A rischio ansia e depressione vi sono anche le donne, in particolare tutte quelle che si destreggiano fra smart working, cura della casa, didattica a distanza. E così gli anziani, invece fragili e soli. Oltre a coloro che già soffrivano o erano predisposti ai disagi mentali.
L’ONU – nel ‘Policy Brief: Covid-19 and the Need for Action on Mental Health’ – sottolinea l’esigenza di affrontare il disagio mentale in crescita. (2) Alle paure di contrarre il virus, morire e perdere i propri cari si aggiungono gli stress da isolamento sociale. Il disagio è poi legato alla crisi economica, le perdite di lavoro e dei mezzi di sostentamento, le incertezze sul futuro.
La salute mentale rimane però uno dei settori più negletti e trascurati nell’ambito dei servizi sanitari. I Paesi membri ONU spendono in media solo il 2% del loro budget sanitario all’ambito della salute mentale. E il sostegno economico per l’emergenza Covid-19 deve ancora di fatto raggiungere la gran parte dei bisognosi, in Italia come altrove.
‘Ora è chiarissimo che le esigenze di salute mentale devono essere trattate come un elemento chiave della nostra risposta e del recupero dalla pandemia di COVID-19. Questa è una responsabilità collettiva dei governi e della società civile, con il sostegno dell’intero sistema delle Nazioni Unite. Un fallimento nel prendere sul serio il benessere emotivo delle persone porterà a costi sociali ed economici a lungo termine per la società’ (Tedros Adhanom Ghebreyesus)
Per approfondimenti, si vedano i nostri ebook ‘Covid-19, abc’. Volume I – Persone, Volume II – Società, Volume III – Pianeta, su https://www.egalite.org/covid-19-abc-i-nostri-ebook-sul-nuovo-coronavirus/
Dario Dongo e Sabrina Bergamini
Note
(1) WHO (2020). Substantial investment needed to avert mental health crisis,
(2) UN (2020). Policy Brief: COVID-19 and the Need for Action on Mental Health
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.